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venerdì 27 dicembre 2013

ARTHUR RIMBAUD,POESIE.



LA MIA BOHÈME
(Fantasia)


Me ne andavo, i pugni nelle tasche sfondate;
anche il mio cappotto diventava ideale;
andavo sotto il cielo, Musa!, ed ero il tuo leale;
oh! quanti amori assurdi ho strasognato!

Nei miei unici calzoni avevo un largo squarcio.
- Pollicino sognatore, in corsa sgranavo
rime. Il mio castello era l'Orsa Maggiore.
- Le mie stelle in cielo facevano un dolce fru-fru.

Le ascoltavo, seduto sul ciglio delle strade,
nelle calme sere di settembre in cui sentivo
sulla fronte le gocce di rugiada, come un vino vigoroso;

in cui, rimando in mezzo a quelle ombre fantastiche,
come fossero lire, tiravo gli elastici
delle mie suole ferite, con un piede contro il cuore.





SOGNATO PER L'INVERNO


A...Lei.

D'inverno, ce ne andremo in un piccolo vagone rosa
con i cuscini blu.
Staremo bene. Un nido di pazzi baci riposa
in qualche soffice angolo.

Tu chiuderai gli occhi, per non vedere, dai vetri
ghignare le ombre delle sere,
queste arcigne mostruosità, plebaglie
di neri démoni e neri lupi.

Poi sentirai la guancia scalfita...
Un piccolo bacio, come un ragno folle,
ti correrà per il collo...

E tu mi dirai: «Cerca!» inclinando la testa,
e perderemo tempo a cercare quella bestia
- che così tanto viaggia...

In treno, 7 ottobre [18]70.








LE MIE PICCOLE INNAMORATE


Un lacrimale infuso lava
i cieli verde cavolo:
sotto l'albero gemmante che sbava
i vostri caucciù

bianche di lune particolari
come ammassi tondeggianti,
sbattetevi per le ginocchiere,
o, mie laidone!

Un certo periodo ci amavamo,
o laidezza blu!
E uova alla coque mangiavamo
e semi di scagliola!

Una sera, tu mi consacrasti poeta,
o bionda laidezza:
vieni qui, che io possa frustarti
sulle mie ginocchia;

ho vomitato la tua brillantina
o nera laidezza:
tu potresti tagliare il mio mandolino
col filo della fronte.

Puah! Le mie salive seccate
o rossa laidezza
ancora infettano le trincee
del tuo seno rotondo!

O mie piccole innamorate
come vi odio!
Coprite di dolorosi schiaffi
le vostre laide tettone!

Calpestate le mie vecchie terrine
del sentimento:
- Su, dunque! Siate le mie ballerine
per un momento!...

Le vostre scapole si slogano
o miei amori!
Con una stella sui vostri reni azzoppati
fate giravolte!

Ed è proprio per questi pezzi di carne
che ho scritto rime!
Vorrei spezzarvi le anche
per avervi amato!

Stupido ammasso di stelle fallite,
andate a nascondervi!
- Voi creperete in Dio, imbastite
d'ignobili cure!

Sotto le lune particolari
come ammassi tondeggianti
sbattetevi per le ginocchiere,
o mie laidone!

LA MALIZIOSA
Nella sala da pranzo bruna, che profumava
d'un odore di frutta e vernice, a mio agio
raccolsi un piatto di non so che cibo
belga, e sprofondai nella mia immensa sedia.

Mentre mangiavo, ascoltavo il pendolo, - felice e tranquillo.
La cucina s'aprì con uno sbuffo,
- e venne la serva, e non so perché
con lo scialle sfatto, pettinata con malizia

passando su e giù il suo ditino tremante
sulla sua guancia, un velluto di pesca rosa e bianca,
fece col suo labbro infantile una smorfia,

e riordinò accanto a me i piatti, per mettermi a mio agio;
- poi, cosi - ma certo per avere un bacio, -
mi mormorò: «Senti qui, ho preso un freddo sulla guancia...»

Charleroi, ottobre [18]70.


DALLA LETTERA  DEL VEGGENTE A PAUL DEMENY,1871,RIMBAUD AVEVA 17 ANNI .


"...Io dico che bisogna essere veggente, farsi veggente. Il poeta si fa veggente attraverso una lunga, immensa, ragionata sregolatezza di tutti i sensi. Tutte le forme d'amore, di sofferenza, di follia; cerca se stesso, esaurisce in se stesso tutti i veleni per serbarne la quintessenza. ineffabile tortura in cui ha bisogno di tutta la fede, di tutta la sovrumana forza, e dove diventa il gran malato, fra tutti, il gran criminale, il gran maledetto, e il Sommo Sapiente! Infatti giunge all'Ignoto! Poiché ha coltivato la sua anima, già ricca, più di qualsiasi altro! Giunge all'Ignoto. Egli ha un incarico dall'Umanità, dagli animali anche: dovrà far sentire, palpare, ascoltare le sue scoperte. Se quel che riporta di laggiù ha una forma, dà una forma: se è informe dà l'informe... 
e quand'anche, smarrito, finisse col perdere l'intelligenza delle proprie visioni, le avrà pur viste! Che crepi nel suo balzo attraverso le cose inaudite e innominabili: verranno altri orribili lavoratori; cominceranno dagli orizzonti sui quali l'altro si è abbattuto!... 

Dunque il Poeta è veramente un ladro di fuoco." 



III • A VERLAINE


Londra, venerdì pomeriggio
[4 luglio 1873]

Torna, torna, caro amico, mio solo amico, torna. Ti giuro che sarò buono. Se sono stato sgarbato con te, è stato uno scherzo nel quale mi sono intestardito; me ne pento più di quanto si possa esprimere. Torna, tutto sarà dimenticato. Che disgrazia che tu abbia creduto a quello scherzo. Sono due giorni che non la smetto di piangere. Torna. Sii coraggioso, caro amico. Nulla è perduto. Non devi far altro che rifare il viaggio. Noi vivremo ancora qui, coraggiosamente, pazientemente. Ah! ti supplico! È per il tuo bene, d'altronde. Torna, e ritroverai tutte le tue cose. Spero che ora tu sappia che non c'era niente di vero nella nostra discussione. Che momento spaventoso! Ma tu, quando ti facevo segno di scendere dal battello, perché non sei venuto? Abbiamo vissuto insieme per due anni per arrivare a quel momento! Cosa farai? Se non vuoi tornare qui, vuoi che venga io a trovarti dove sei?

Sì, ero io ad aver torto.
Oh! Dimmi, non mi dimenticherai?
No, tu non puoi dimenticarmi.
Io, io ti ho sempre qui.
Dimmi, rispondi al tuo amico, non dobbiamo più vivere
insieme?
Sii coraggioso. Rispondimi presto.
Non posso restare qui più a lungo.
Non ascoltare che il tuo buon cuore.
Presto, dimmi se devo raggiungerti.
Tuo per tutta la vita.
RIMBAUD.

Rispondimi, presto: non posso restare qui oltre lunedì sera. Non ho neanche un penny; non posso imbucare questa lettera alla posta. Ho affidato a Vermersch i tuoi libri e i tuoi manoscritti. Se non devo più vederti, mi arruolerò nella marina o nell'esercito.
Oh, ritorna, ad ogni ora mi rimetto a piangere. Dimmi di venirti a ritrovare, e verrò. Dimmelo, telegrafami. - Bisogna che parta lunedì sera. Dove vai? Cosa vuoi fare?

IV • A VERLAINE


[Londra, 5 luglio 1873]

Caro amico, ho ricevuto la tua lettera datata «Dal mare». Tu hai torto, stavolta, e torto marcio. Innanzitutto non c'è nulla di positivo nella tua lettera: tua moglie o non verrà per niente o verrà fra tre mesi, tre anni, che ne so? Quanto a crepare, ti conosco bene. Tu vai dunque, in attesa della tua donna e della morte, ti agiti, erri, annoi la gente. Perché tu, tu non hai ancora riconosciuto che le tue rabbie erano false ad ogni modo! Ma sei tu che hai avuto l'ultimo torto, perché, anche dopo che t'ho richiamato, tu hai persistito in quei tuoi falsi sentimenti. Tu credi che la tua vita sarà più piacevole con altri che con me: ragionaci - no, no di certo! -
Solo con me tu puoi essere libero, e, poiché ti giuro d'essere gentile in avvenire, che deploro tutta la mia parte di torto, che io ho infine lo spirito a posto, che ti amo molto, se tu non vuoi ritornare, o non vuoi che ti raggiunga, commetti un crimine, e te ne pentirai PER I LUNGHI ANNI, per la perdita della tua libertà, sprofondato nella noia più atroce, per tutto quello che hai provato. Dopodiché, ripensa a quello che eri prima di conoscermi.
Quanto a me, io non me ne tornerò da mia madre. Vado a Parigi, mi sforzerò di partire entro lunedì sera. Tu mi avrai obbligato a vendere tutti i tuoi abiti, non posso fare altrimenti. Non li ho ancora venduti: non me li porteranno prima di lunedì mattina. Se vuoi spedirmi le tue lettere a Parigi scrivi a L. Forain, 289, Rue St. Jacques, per A. Rimbaud. Saprà il mio indirizzo.
Certo, se tua moglie tornerà, non ti comprometterò scrivendoti - non ti scriverò mai.
La sola, unica mia parola è: torna, voglio stare con te, ti amo.
Se la ascolterai, mostrerai del coraggio, e di avere uno spirito sincero.
Altrimenti, io ti pianto.
Ma io t'amo, t'abbraccio, e noi ci rivedremo.
RIMBAUD

8 Great Colle(ge) ecc... fino a lunedì sera, o martedì mezzogiorno, se mi vuoi chiamare.
-- Arthur Rimbaud (scheda)
da PensieriParole <http://www.pensieriparole.it/poesie/poesie-d-autore/poesia-18375?f=a:88>

1 commento:

  1. Giustamente il poeta è veggente e a un tempo è oracolo e profeta,
    come io so bene di me senza modestia, e come molti sanno, così
    che sentitamente assurgo alle più alte vette della felicità interiore,
    felicitando chi mi ama.

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